XI Domenica del tempo ordinario

Così è il regno di Dio”, dice Gesù introducendo molte parabole. Egli parla facendo uso di parabole: così tutti capiscono qualcosa, nessuno rimane privo di insegnamento; qualcuno, quelli che lo amano, possono iniziare a comprendere anche il messaggio principale, la rivelazione di Dio che vuole trasmettere e cominciano a capire chi egli è. Anche noi siamo lodevolmente desiderosi di conoscerlo. Che cos’avrà voluto far intendere Gesù, anzitutto ai suoi discepoli, e in seguito anche agli altri, man mano che cresceva in loro l’amore per lui e la disponibilità a seguirlo? “Così è il regno di Dio”: sappiamo già che egli si presenterà come il re del regno, quindi regno di Dio è quel cambiamento nella società che appare quando ci sono persone che lo accolgono come signore della propria vita. Il contenuto della parabola quindi riguarda anzitutto la sua persona e il suo compito nel mondo.

La prima brevissima parabola odierna dice che il regno è “come un uomo che getta il seme sul terreno”. Quel seme non è un sassolino, ma è vivo e genera vita. Il seme germoglia e cresce, anche se nessuno sa come possa succedere questo miracolo. Che cosa possono capire coloro che amano Gesù? È lui il seme gettato sul terreno. Nessuno sa perché e nessuno sa come, ma c’è e ci sarà frutto, ci saranno persone che lo seguiranno e lo ameranno, gli obbediranno e faranno quello che lui fa: ecco il Regno, una società nuova, una società dove l’amore non è più soltanto un sogno. Nel mondo di oggi, dove vediamo dei disastri sociali immensi, giovani ingannati in preda ai vizi dell’alcol e della droga, cresciuti nel disfacimento della loro famiglia, proprio in questo mondo, se viene seminato Gesù, ecco germogliare e crescere la novità di una società nuova. Noi non sappiamo come potrà succedere che dei giovani sbandati o degli adulti dediti al vizio possano cambiare vita, eppure anch’essi, incontrando Gesù, possono ricostruire una società più umana e divenire addirittura suoi apostoli.

La seconda parabola parla ancora di un seme, e Gesù descrive il seme più piccolo che conosce. La piccolezza non incide sull’esisto: la pianta che nasce è grande a sufficienza per essere scelta dagli “uccelli del cielo” per collocarvi il loro nido. Con l’espressione “uccelli del cielo” alcuni passi biblici indicano i popoli della terra! Gesù è piccolo agli occhi dei grandi del mondo, addirittura insignificante: chi di essi lo ascolta? Eppure egli dà origine ad una realtà abbastanza grande da beneficare i popoli della terra. La Chiesa infatti è luogo che accoglie e ristora, con l’amore dei suoi membri, tutte le genti, che da essa prima godono e poi imparano la cura dei deboli, la solidarietà, la necessità del riposo, il valore della vita umana, la bellezza della famiglia, l’attenzione ai piccoli, l’assistenza dei malati.

Il Regno di Dio è al centro dell’attenzione di Gesù, e lui è il centro del Regno stesso. Questo è misterioso e piccolo, ma necessario. I discepoli e le folle lo devono conoscere, desiderare, e soprattutto farne parte. Il regno che germoglia e che cresce infatti non allude ad un’unica persona, ma alla realtà cui questa persona dà inizio con la collaborazione di altri. Gesù è il primo, è il re, ma il regno prevede la presenza di molti altri, e questi sono i discepoli fedeli.

Noi, discepoli fedeli a Gesù, siamo coloro che costituiscono il Regno. Ora ci consideriamo in esilio, dice San Paolo, perché siamo nel mondo, lontani dal Signore. Il nostro desiderio è di raggiungerlo diventando esuli da questo mondo. Le parole dell’apostolo ci rendono consapevoli che la pienezza del Regno di Dio non la vediamo e non la gustiamo su questa terra, ma dopo la nostra morte, quando saremo col Signore in maniera perfetta.

Due sono perciò i modi di riflettere al Regno di Dio: pensiamo alla sua pienezza che gusteremo dopo la morte, ma iniziamo già ora, benché limitati e ostacolati dal peccato, a formare quella società che vive in obbedienza al Signore Gesù, il re del Regno. Il Regno di Dio nel mondo è immerso in un ambiente che vorrebbe soffocare proprio quel regno che è sorto per dare vita e alimentare pace e sicurezza, per trasformare i modi di vivere degli uomini, diffidenti, invidiosi, violenti e sofferenti, perché diventino sereni, fiduciosi, fraterni. Nel regno di Dio infatti non ci sono funzionari in concorrenza tra loro, bensì fratelli. Noi siamo già impegnati e disponibili a far in modo che cresca come albero il Regno di Dio: le parabole di oggi ci aiutano ad avere speranza e a procedere con fiducia, nonostante il nostro impegno ci sembri immane, che supera le nostre possibilità e capacità. Il seme piccolissimo e quello che cresce di notte abbattono le resistenze e la fretta, e sono per noi incoraggiamento a perseverare.

 

don Vigilio Covi