XXVI domenica del tempo ordinario
Il brano di Marco, al di là del contenuto specifico delle parole di Gesù, sottolinea due realtà: l’estrema preziosità della fede nel Signore Gesù e la tensione per il Regno, segreto della vita. Ambedue le realtà sono suggerite dal canto al vangelo: “La tua parola, Signore, è verità; consacraci nella verità” (cf Gv 17,17). Come se, davanti alla proclamazione del vangelo, pregassimo: fa’ che viviamo della verità delle tue parole, aderendovi intimamente, in tutta evidenza per il nostro cuore. In questo brano, Gesù proclama la verità sotto forma di promessa e sotto forma di minaccia. La promessa è rivolta a chi non ha ancora aderito a lui e la minaccia a chi ha già aderito, ma il contenuto della promessa e della minaccia è il medesimo: quanto è preziosa per la nostra vita la conoscenza dei misteri del Regno!
Ma l’uomo non sa vedere. Anche l’uomo zelante per Dio rischia di non saper vedere, come Giosuè, il servitore di Mosè. L’episodio del dono dello Spirito ai settanta anziani, tra i quali sono stati annoverati anche i due uomini rimasti nell’accampamento, Eldad e Medad, non va visto solo a conferma dell’atteggiamento di Gesù che non vuole venga impedita l’azione di Dio dovunque si manifesti, a differenza dei discepoli che vorrebbero invece limitarla al loro gruppo (“Chi non è contro di noi è per noi”). Va visto in rapporto alla necessità dell’effusione dello Spirito per accedere ai misteri del Regno. Mosè non può essere geloso della visita di Dio perché se Dio visita è appunto per attrarre tutti a Sé; così i discepoli non possono essere gelosi del dono dello Spirito perché quel dono è dato proprio perché tutti entrino nei misteri di Dio. Così, nel salmo responsoriale, la supplica è quella di essere liberati dai peccati nascosti, soprattutto dal peccato di orgoglio che impedisce di vedere in modo puro i doni di Dio: “Assolvimi dai peccati nascosti. Anche dall’orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere…”.
In rapporto a questa supplica, coloro che hanno responsabilità nella chiesa sono i primi destinatari della minaccia di Gesù: “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me…”. La fede in lui è così preziosa che chi, con il suo comportamento altero o litigioso oppure con la sua eccessiva severità verso i fratelli più deboli, la rende impraticabile o impossibile a tenersi, sarà condannato. L’aggiunta del paragone, che sarebbe meglio che fosse gettato in mare con appesa al collo una macina da mulino, allude al tradimento di Giuda (cfr. Mt 26,24) per sottolineare questa equazione: ricevere un discepolo di Cristo equivale a ricevere il Cristo, ma scandalizzare un discepolo di Cristo equivale a tradire il Cristo. Scandalo, in questo contesto, è riferito allo scoraggiamento che si istilla nei deboli con un atteggiamento troppo severo di fronte alle loro mancanze.
Rispetto a chi non ha ancora fede in lui Gesù dice: “Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico che non perderà la sua ricompensa”. Gesù ritiene fatta a sé ogni attenzione o cortesia rivolta ai suoi discepoli. E potremmo dedurre per tutti in generale: anche un semplice bicchiere d’acqua è degno di ricompensa, se offerto in rettitudine di cuore! L’aspetto misterioso consiste appunto nel fatto che ogni minima cosa, fatta nel nome di Cristo, apre sul mistero del regno dei cieli, che Gesù è venuto ad indicarci presente, fruibile. Nel nome di Gesù ogni minima azione può aprirsi sul regno dei cieli e ciò è accessibile a tutti perché a tutti Gesù rende vicino il Regno.
Rispetto invece ai suoi discepoli Gesù dice: “Se la tua mano ti scandalizza, tagliala … Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo … Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geenna…”. Il senso delle sue parole potrebbe essere così interpretato: se l’uomo ha il coraggio di agire seguendo i desideri più profondi del suo cuore, nell’esperienza della fede, allora abbandonerà i desideri superficiali, momentanei, che sono in contrasto con quelli. Posso portare un esempio. Vengo offeso da un fratello. Il mio cuore mi convince di esigere scuse da lui per ristabilire il mio diritto e se il fratello tarda o si rifiuta io resto nella mia offesa, anche se, a volte, è solo il senso della mia importanza ad essere ferito o la mia vanità o la mia presunzione. Vuoi ottenere il tuo diritto? Rischi di perderti completamente. La tua importanza ti impedisce (=scandalizza) di entrare nel regno dei cieli? Abbandonala, tagliala via e tu entrerai nel regno. La difesa del tuo diritto ti fa entrare in guerra con tuo fratello? Lascialo, taglialo via e tu vedrai il regno dei cieli. Vuoi prevalere sul tuo fratello? Taglia via quella volontà, stagli invece sottomesso: scoprirai la grazia del Regno.
I misteri del Regno sono i misteri della conoscenza del Signore Gesù, fuoco e sale della vita. Non per nulla il capitolo 9 di Marco termina con queste parole misteriose: “Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale … Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri”. Potremmo interpretare: se vi lascerete convincere a percepire i misteri del Regno come tesoro del vostro cuore (ecco ilfuoco) e rinuncerete sia a ogni forma di ambizione e rivalità che di impoverimento di desideri e di tensione spirituale (ecco ilsale) , vivrete custoditi e lieti, potrete godere la pace tra voi come sigillo dell’opera di Dio in voi, come frutto del dono dello Spirito Santo e godimento dell’esperienza della conoscenza del vostro Maestro che per voi è venuto, ha patito, è morto ed è risuscitato.
Gli atteggiamenti interiori che rivelano l’esperienza del Regno si riducono così a due: gioire del bene (sia quello fatto dagli altri che da noi, in qualsiasi condizione) e non ferire mai la coscienza del prossimo, specie dei deboli e dei piccoli. Allora potremo cantare con il salmo responsoriale: “i precetti del Signore fanno gioire il cuore”.
p. Elia Citterio