Battesimo del Signore

Con la festa del battesimo di Gesù si chiude il ciclo natalizio. L’Avvento si era aperto con l’invocazione del profeta: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19). I cieli si sono effettivamente squarciati lasciando ‘piovere il Giusto’, come oggi la scena del Battesimo di Gesù fa intravedere: “il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»” (Lc 3,21-22). I cieli che si aprono non preludono ad una visione del mondo celeste, ma alla discesa sulla terra dei beni divini, beni che dovevano caratterizzare il popolo di Dio dell’era messianica, dei quali il principale è proprio lo Spirito Santo, effuso su tutti, attraverso quel Figlio che lo possiede in pienezza.

“Benedetto colui che ha moltiplicato la vostra bellezza con le acque del battesimo!”, canta s. Efrem. E continua “Dalla porta del battesimo sono tolti cherubino e spada e vi sta il figlio di Dio, per introdurre gli uomini nella casa del padre suo, affinché siano eredi insieme a lui, senza gelosia … Grazie a queste sante acque muore l’iniquità che tutti uccide, e vive l’anima che era stata uccisa in principio con il peccato: essa ha ritrovato la sua bellezza originaria …. O battezzati che avete trovato il Regno nel ventre del battesimo scendete, rivestitevi dell’unigenito, poiché è lui il Signore del Regno”. Così, dal battesimo di Gesù la chiesa passa a celebrare il mistero del battesimo nel quale ottiene nuovi figli.

La narrazione dell’evento del battesimo di Gesù al Giordano nasconde tanti misteri. Il primo gesto di Gesù, nel dare inizio alla sua missione, è quello di stare solidale con i peccatori. Lui, l’Innocente, l’Agnello che toglie i peccati del mondo, è in fila con i peccatori per ricevere il battesimo di penitenza di Giovanni. Non ha bisogno del battesimo, eppure viene a farsi battezzare. Perché? Viene per celebrare il suosposalizio: nella sua umanità oramai è lavata tutta l’umanità, che può stare unita a lui e godere, come lui, di quello Spirito che come colomba si posa sul suo capo, capo del suo corpo che siamo noi. E Gregorio di Nazianzo commenta: “Cristo è illuminato: illuminiamoci anche noi insieme con Lui; Cristo viene battezzato: scendiamo anche noi nell’acqua insieme a Lui, per risalire con Lui” (Orazione 39,14). Parafrasando: Lui si fa luce, entriamo anche noi nel suo splendore; Cristo riceve il battesimo, inabissiamoci con lui per poter con lui salire alla gloria.

Nessuno, però, può ancora vedere lo Spirito; solo Gesù, uscendo dalle acque, lo può vedere perché ne è ripieno ed anche Giovanni, che, con quel battesimo dato a Gesù, finisce la sua opera di battezzatore per lasciare posto a lui, al suo nuovo battesimo nello Spirito. Al momento del battesimo di Gesù gli astanti sentono solo la voce: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.È la funzione della parola di Dio che dà testimonianza al Figlio, come dirà lo stesso Gesù:“Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna; sono proprio esse che danno testimonianza di me”(Gv 5,39). E la testimonianza sta tutta in quel ‘Figlio, l’amato’ da scoprire, da accogliere, da incontrare, da incollarvisi. Ci sono altri due passi nelle Scritture, oltre alla testimonianza sul Tabor alla trasfigurazione, dove si parla di ‘figlio amato’: a proposito del figlio di Abramo, Isacco, in Gen 22,2, quando Dio chiede ad Abramo il sacrificio del figlio prediletto; e ancora, nella parabola dei vignaioli assassini, in Mc 12,6, quando il padrone della vigna pensa al suo figlio prediletto da mandare ai vignaioli che non vogliono consegnare il raccolto e che poi lo mettono a morte. Se quell’aggettivo ‘amato’ rivela la radicalità della fede di Abramo, che davanti al suo Dio accetta di sacrificare il suo cuore, rivela a maggior ragione la radicalità dell’amore di Dio per l’umanità, essendo disposto a mandare il suo Figlio a coloro che ne faranno scempio. Ma i pensieri del Signore sovrastano i nostri pensieri…

L’aggiunta: “in te ho posto il mio compiacimento”, rivela tutta la profondità del mistero. Si può tradurre: ‘in te il mio Amore è perfetto’.In te, però, non è più solo rivolto al Figlio nella sua divinità, ma nella sua umanità: l’amore di Dio e dell’uomo si corrispondono ormai perfettamente. Oppure, si può anche tradurre: ‘in te la mia volontà si compie, perfetta’. E la volontà di Dio non è che l’amore per l’uomo e nella vita e nella persona di Gesù questo amore risplende nella sua radicalità e totalità. Se noi stiamo in lui, allora anche in noi la volontà del Padre si compirà perché anche in noi il suo amore risplenderà. È ciò che comporta l’essere nati dallo Spirito, il vivere mossi e guidati dallo Spirito di cui Gesù è ricolmo e che ci ha effuso con la sua morte e risurrezione. Proprio come s. Francesco di Assisi proclamerà della nostra vita in Cristo: “ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione”.

La chiesa prega che il Signore, come ha squarciato i cieli, si degni squarciare i nostri cuori perché anche a noi appaia, finalmente, in tutta la sua bellezza, il volto del Figlio di Dio, testimone supremo dell’amore di Dio per gli uomini. E come dice Paolo a Tito “…nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo” (Tt 2,13), noi aspettiamo la manifestazione del Signore al nostro cuore in ogni circostanza della nostra vita, in ogni azione e non soltanto alla fine della vita. Come se pregassimo: “fa’ che possiamo vedere il volto del tuo Figlio; fa’ che il nostro cuore sia rapito dalla sua bellezza; apri il nostro cuore alle sue parole perché venga rivelato al nostro cuore il tuo amore e possiamo venire risanati; facci fare l’esperienza viva del tuo perdono perché possiamo vivere un corpo solo e un’anima sola con tutti, nel suo Spirito, ormai popolo nuovo”.

La figura di Gesù, nel racconto del battesimo, è definita da tre termini: figlio/servo/agnello, che in aramaico sono espressi da un’unica parola. Il compiacimento del Padre si risolve nel fatto che Gesù viene a fare la sua volontà, vale a dire fa riferimento all’obbedienza del servo che accetta fino in fondo il compito affidatogli, ma allude anche all’intimità ed alla libertà del figlio che condivide intensamente con il Padre la sua passione d’amore per gli uomini. Per noi accogliere i due riferimenti contemporaneamente è proprio difficile! Per noi la volontà di Dio non suona subito come una volontà di Bene, come un Bene che vuole condividere con noi, come una gioia di Bene che riposa i cuori e di Dio e degli uomini. Ma se riconosciamo lo splendore dell’amore di Dio che rifulge dal volto di quel figlio/servo/agnello, potremo anche noi, come lui e in lui, cogliere e compiere il volere di bene di Dio in favore degli uomini e godere della sua gioia che consiste nell’unire ‘i figli di Dio dispersi’. Quando il cuore dell’uomo non si lascia guidare da alcun’altra ragione nel suo agire, saprà che la fraternità con gli uomini è il supremo desiderio di Dio e il luogo di manifestazione del suo splendore. Così si compiono i misteri di Dio, così l’uomo torna alle radici della sua gioia, nel suo Dio. Cose misteriose, certo, ma veritiere e fondanti il senso stesso del nostro vivere e del nostro desiderare.

Avviene ciò che poeticamente canta s. Efrem mettendo le parole in bocca alla madre di Gesù: “Colei che è nata libera, figlio mio, è tua ancella, se ti serve. E la schiava in te è libera, in te è consolata poiché è stata affrancata. Un’emancipazione invisibile è posta nel suo grembo, se è te che ama”. E in un altro passo: “Nelle acque ha trovato il modo di scendere e dimorare in noi, come il modo della misericordia quando scese e dimorò nell’utero. Oh, misericordia di Dio, che si cerca tutti i modi per prendere dimora in noi!”.

p. Elia Citterio