Suor Maria Vittoria è tornata alla casa del Padre
Nella fede della risurrezione ricordiamo con affetto e gratitudine suor MARIA VITTORIA del Cuore Immacolato di Maria
Nella fede della risurrezione ricordiamo con affetto e gratitudine suor MARIA VITTORIA del Cuore Immacolato di Maria
Gesù continua a parlare ai suoi discepoli illustrando la potenza e l’estensione della dinamica che l’incontro con lui ha messo in moto. Fa vedere la qualità di vita per coloro che possono godere della beatitudine loro promessa perché ‘ascoltano’, non semplicemente odono, ma lasciano entrare in cuore le parole ascoltate aderendovi. S. Paolo, nella lettera ai Romani, ripresenta le parole di Gesù come il sigillo di autenticità dei discepoli (cfr. Rm 12,14-21).“Amate i vostri nemici … fate del bene a coloro che vi odiano …”. Le parole sono chiare, anche se in questo brano c’è un problema di traduzione. Così come lo leggiamo nel testo italiano qualcosa ci sfugge e qualcosa di essenziale. Rilevo alcuni particolari.
Oggi la liturgia proclama le beatitudini secondo il testo di Luca che, a differenza delle nove proposte da Matteo, ne elenca quattro. Con questa annotazione specifica: Gesù si rivolge ai discepoli direttamente. Come a dire: ciò che vi sto annunciando vale in ragione del fatto che avete accolto in me l’Inviato di Dio, colui che dalla parte di Dio non solo vi richiama al mistero del Regno ma vi concede di gustarlo e di condividerlo. Nei termini delle beatitudini, la parola di Gesù si può intendere: chi cerca la sua felicità senza che la Mia gioia lambisca il suo cuore resterà nella fame e nel pianto; chi vuole a tutti i costi la sua felicità, solo calcolando come una eventuale aggiunta il dono della Mia gioia, finirà per trovarla traditrice e si troverà ingannato dai suoi fratelli e perderà la sua integrità. Perché la felicità di cui parla Gesù, quella alla quale anela profondamente, sebbene con mille contraddizioni, il nostro cuore, ha a che fare con la scoperta della prossimità di Dio che in Gesù rivela tutto il suo mistero di amore e accondiscendenza per noi e che sana i nostri cuori.
Il nostro Dio è un Dio… strano: vuole servirsi solo di uomini peccatori, o meglio, che sanno di essere peccatori! Potrebbe essere questa la conclusione della lettura dei brani odierni, che ci mettono davanti le figure del grande profeta Isaia e degli apostoli Pietro e Paolo. Pur tanto diversi, questi uomini hanno in comune due realtà: chiamati da Dio, si riconoscono peccatori.
Isaia si accorge di essere alla presenza del Dio immenso quando gli viene donata la visione dei Serafini, che cantano le parole, divenute poi la lode di tutti i cristiani nel momento centrale della liturgia: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria”.
Quando si proclama il vangelo nella liturgia siamo resi contemporanei alla vicenda di Gesù. La parola che ascoltiamo è per noi, è pronunciata ora, custodisce tutta la sua potenza di salvezza nell’attualità del tempo in cui viviamo, se l’accogliamo. È esattamente quello che ha voluto dire Gesù ai suoi concittadini a Nazaret: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21). Faccio memoria di due altri passi del vangelo per sottolineare la valenza di quell’ ‘oggi.’ Quando Gesù vuole incontrare Zaccheo dice: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” E a incontro avvenuto conferma: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza” (Lc 19,5.9). Sulla croce, davanti alla supplica del buon ladrone, Gesù gli promette: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). È il senso della proclamazione della parola di Dio che risuona nei nostri orecchi: oggi porta a te la salvezza!