Ascensione del Signore
Con l’ascensione al cielo di Gesù viene spiegato il senso profondo della risurrezione: Gesù non è più nell’orizzonte terreno nel quale era entrato con la sua incarnazione, ma è nella gloria della divinità. L’affermazione della nostra fede è chiara: in cielo è entrato l’uomo, nella sua corporeità; non solo, ma ci è entrato con i segni indelebili della sua passione, non più visti come richiamo alla cattiveria degli uomini, ma come prova dell’immensità dell’amore di Dio per gli uomini. Tanto che gli angeli, se vogliono conoscere il loro Signore nella sua immensità, hanno dovuto aspettare il suo ingresso nei cieli con i segni della passione nella sua carne. Commentando il salmo 46 (47), letto in rapporto al mistero dell’ascensione, i Padri spiegano che agli angeli viene rivelata la sapienza di Dio che si è compiuta nel Cristo, in favore degli uomini. Gregorio di Nazianzo invita il fedele così: “Se salirà in cielo, tu sali con lui: diventa uno degli angeli che lo accompagnano e lo accolgono… poni innanzi a te la bellezza della stola del suo corpo che ha sofferto, che è stato reso ancor più bello dalla Passione, e che splendeva della sua natura divina, della quale niente è più amabile e più bello” (Or. 45,12).