Corpus Domini

Nei tre formulari delle messe del Corpus Domini nei cicli A, B e C, permane invariato il canto al vangelo, tratto da Gv 6,51: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”. La liturgia collega il mistero dell’eucaristia all’affermazione di Gesù che è ‘pane disceso dal cielo’. Ora, quando Gesù si definisce pane vivo disceso dal cielo, non allude solo alla sua provenienza, ma alla dinamica di rivelazione che ha inaugurato. Il suo discendere rivela l’abbassamento di Dio per convincere l’uomo del suo amore, abbassamento che lo porterà alla morte e alla morte di croce. L’uomo però non ama abbassarsi, per quanto aspiri all’amore. E quando si sente dire, senza mezzi termini, che quell’abbassamento è l’unica via di Dio, allora non solo non comprende, ma non accetta e si separa dalla via della vita, come mostra la conclusione del cap. 6 del vangelo di Giovanni. Invece è proprio quel mistero di abbassamento di Dio, proprio quel morire in croce per risorgere nella potenza di Dio, di cui l’Eucaristia è il memoriale, che ci ottiene la vita con il dono del suo Spirito. Tanto che, quando i credenti celebrano il memoriale della morte del Signore finché egli venga, non intendono solo ricordare, sia pure nell’attualizzazione specifica della liturgia, ma si dispongono a diventare essi stessi memoria vivente di Gesù. Si ritrovano inseriti nella sua stessa dinamica di rivelazione per cui ‘discendono’ nell’umanità lasciando ogni forma di gloria mondana, sociale e personale, per non compromettere mai la grandezza dell’amore, per non venir meno all’amore; in altre parole, per vivere di vita eterna, quella che Gesù ci condivide.

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SS. Trinità

Gesù, che pur rappresenta per noi l’espressione stessa dell’amore (“li amò sino alla fine”, Gv 13,1), non si definisce mai come amore, termine che invece è riservato al Padre, come la preghiera stessa della Chiesa sottolinea: “Ti glorifichi, o Dio, la tua Chiesa, contemplando il mistero della tua sapienza con la quale hai creato e ordinato il mondo; tu che nel Figlio ci hai riconciliati e nello Spirito ci hai santificati, fa’ che nella pazienza e nella speranza possiamo giungere alla piena conoscenza di te che sei amore, verità e vita”, dove amore fa riferimento al Padre, verità al Figlio, vita allo Spirito Santo. Del resto, il saluto iniziale della liturgia eucaristica proclama: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti  voi”.Se la preghiera definisce Dio come ‘amore, verità e vita’, riferendosi al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, vuol dire che siamo invitati a pregare perché possiamo averne piena conoscenza, nella pazienza e nella speranza. Tutto procede dalla verità del Figlio che, dandoci il Suo Spirito, che è vita (cioè ci comunica quell’amore che non è più rapibile da niente e da nessuno), ci fa conoscere l’amore del Padre. Da parte nostra tutto procede dall’accoglienza del Figlio, perché il Padre che desideriamo conoscere è il Suo Padre, e lo possiamo conoscere nel Suo Spirito. In tal senso ‘tutta la verità’, di cui parla Gesù riferendosi allo Spirito, non riguarda tanto la verità nei suoi vari enunciati, ma la verità come comunione con Cristo. Di quanta ‘pazienza’ e di quale  ‘speranza’ necessita allora l’uomo per realizzare radicalmente e totalmente nella sua vita quella comunione con Cristo! Ma è a partire da quella comunione che la rivelazione del Padre, del Figlio e dello Spirito costituirà la delizia del nostro cuore.

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Pentecoste

Oggi si compie quanto Gesù ha più volte promesso ai suoi Apostoli e discepoli. Lo Spirito Santo, il Paraclito, Spirito di verità, scende dal cielo ed entra nella vita di coloro che hanno conosciuto ed amato Gesù. Essi lo hanno atteso, come il Signore aveva loro indicato di fare. Lo hanno atteso come Consolatore, difensore, maestro interiore, esortatore e suggeritore. Il termine usato da Gesù, Paraclito, significa questo e anche molto di più. Lo Spirito è Spirito di Dio, e quindi, entrando nella storia d’un uomo, lo trasforma tanto da renderlo irriconoscibile, da divinizzarlo! Così sono stati trasformati gli apostoli. Sono diventati coraggiosi, sapienti, decisi, capaci di comunione, attenti alle necessità degli altri, gioiosi, forti, miti, umili. Soprattutto sono diventati capaci di testimoniare la morte e la risurrezione di Gesù, di parlarne con gioia, di dedicare la vita a questo annuncio. Essi hanno sperimentato che dalla fede in Gesù morto e risorto viene vita, pace, comunione, fedeltà, amore, e perciò si sono convinti che l’amore vero e pieno per gli uomini non può compiersi che annunciando loro l’amore che Dio ci ha dato in Cristo Gesù!

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