XVII domenica del tempo ordinario
Oggi la liturgia ci introduce al mistero della preghiera. Ascoltando il brano evangelico viene da domandare: cosa hanno visto i discepoli mentre Gesù pregava? Cosa li ha affascinati tanto da indurli a chiedere a Gesù di insegnare loro a pregare? Nella sua risposta Gesù apre come una finestra sul suo mondo interiore. Se Gesù insegna il Padre nostro, vuol dire che ciò che rendeva singolare la sua preghiera era l’intensità di intimità con quel Padre di cui custodiva i comandamenti, di cui annunciava la prossimità, di cui svelava il volto, di cui mostrava la verità nell’amore all’uomo e di cui suscitava la nostalgia in questo mondo.
È lo stesso Padre, a cui si era rivolto Abramo nella sua preghiera di intercessione, preghiera che era scaturita dalla rivelazione che il Signore si apprestava a fargli : “Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra?”, secondo la proclamazione del salmo: “Il Signore si confida con chi lo teme: gli fa conoscere la sua alleanza” (Sal 25,14), che nel testo ebraico suona: “Il segreto (o l’intimità) del Signore è per quanti lo temono”. Abramo, che si sente polvere e cenere, può parlare al suo Signore da dentro l’alleanza che gli è stata offerta e alla quale ha aperto il suo cuore in tutta fiducia.