VI Domenica di Pasqua
Tutta la liturgia di oggi è incentrata sulla promessa dello Spirito Santo. Tra due settimane sarà Pentecoste e domenica prossima è l’Ascensione, che sigillerà appunto la promessa dello Spirito. A che scopo Gesù intercede presso il Padre perché venga inviato a noi lo Spirito Santo? I brani di oggi celano collegamenti segreti che parlano più al cuore che alla mente, ancora bloccata nelle sue fissazioni. Non per nulla il seguito del brano proclamato oggi comporta l’intervento di Giuda di Giacomo, stupito e perplesso nel constatare che quello che si immaginava non corrisponde al senso delle parole di Gesù: “ Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?” (Gv 14,22).
Primo collegamento: la Parola comporta la dinamica di manifestazione di Colui che quella parola proferisce. Ecco il primo scopo dell’invio dello Spirito Santo: agirà nel senso di procurarci un’intimità di conoscenza del Signore Gesù, in cui crediamo. La sottolineatura è la seguente: non si tratta semplicemente di credere a certe cose, a certi fatti, ma di dedurre dalla fede in quei fatti, che riguardano la persona di Gesù, una potenza di vita che investe tutta la nostra esistenza. Intimità comporta sia profondità sia vitalità. E non può che riferirsi al legame con il Signore Gesù, nostro Salvatore. La conoscenza di Gesù comporterà l’intimità di condivisione con lui dell’invio al mondo perché il mondo conosca la grandezza dell’amore del Padre per i suoi figli.
A questo proposito il testo del vangelo è costruito in modo mirabile, in perfetta corrispondenza tra quello che avviene in Gesù e quello che avverrà nei discepoli. Di sé Gesù dirà alla fine del capitolo 14: “… viene il principe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco” (Gv 14,30-31). Il diavolo eserciterà contro di me tutta la sua violenza cercando di piegarmi ai suoi voleri ma non otterrà nulla, anzi, resterà scornato e sconfitto. Il testo però dice espressamente: viene il principe di questo mondo e in me non ha nulla. Cercherà qualcosa di suo in me, ma non troverà nulla. Il diavolo cerca ciò che appartiene a questo mondo nei suoi valori di potere, prestigio, gloria, superiorità, ecc. ma di tutto questo nell’umanità di Gesù non c’è neppure l’ombra. In lui c’è solo ed esclusivamente tutto l’amore del Padre per noi. Gesù descrive il discepolo che ama lui e accoglie la sua parola alla stessa maniera perché dice: “ Chi accoglie (letteralmente: ha) i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14,21). Vuol dire: chi nel suo cuore non trattiene nulla di questo mondo ma ha solo la mia parola, allora è pieno dell’amore del Padre come me perché la mia parola è espressione di questo amore per tutti voi. Ora è esattamente l’azione dello Spirito in noi quella di custodire la parola di Gesù nel nostro cuore perché tutto sia mosso da questo amore.
Ecco il secondo collegamento. Quando Gesù dovrà spiegare più in dettaglio l’azione dello Spirito che promette di mandare dirà: “ Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito” (Gv 16,13). Guidare a tutta la verità, ecco l’azione dello Spirito. Ma anche qui, il testo non dice di guidare alla verità come moto a luogo, ma come stato in luogo. Vale a dire: guiderà a che la verità dell’amore di Dio emerga in tutte le situazioni della vita e farà in modo che solo la verità dell’amore prevalga nel cuore, anche quando subiremo violenza e ingiustizia, perché non venga meno nel mondo la manifestazione della presenza di Dio nel suo amore per tutti. A questo allude la prima lettera di Pietro. Nella promessa di Gesù va colta l’urgenza per i discepoli di ricevere il dono dello Spirito Santo perché nel mondo essi si troveranno a testimoniare la fede in Gesù in situazione di persecuzione. Dovranno vivere quel “ rimanete in me e io in voi” che Gesù dirà loro subito dopo (Gv 15,4) nel contesto di una lotta senza respiro, perché l’amore di Dio prevalga e redima il mondo. Come è stato per il Maestro, così per i discepoli. Tanto che la traduzione italiana della lettera di Pietro ‘adorate il Signore nei vostri cuori’ non rende la drammaticità di quello che quell’adorazione comporta. Il termine greco è ‘santificate il Signore’, alludendo al profeta Isaia quando dice: “ Non chiamate congiura ciò che questo popolo chiama congiura, non temete ciò che esso teme e non abbiate paura». Il Signore degli eserciti, lui solo ritenete santo. Egli sia l’oggetto del vostro timore, della vostra paura” (Is 8,12-13). Il contesto è quello della persecuzione, quando il principe di questo mondo si scatena e il profeta invita a restare fermi nella fede in Dio: solo lui è il Santo, nessun altro va temuto. Proprio come un vecchio detto chassidico spiega: “Rabbi Michal diceva: “Questa è la nostra vergogna, che noi temiamo qualcun altro fuori di Dio”.
L’abbinamento: parola/manifestazione evoca il senso del comandamento come la verità di un legame, di un’alleanza. Il comandamento non ha a che fare con un dovere morale; ha a che fare con l’esperienza di un amore. Come a dire: chi ha in sé la parola, il comandamento di Dio, non offre presa alcuna al potere del demonio e quindi il demonio non può rapirgli quell’amore che lo abita. Come è per Gesù, così per i discepoli.
Lo Spirito ci è inviato perché i nostri cuori godano del ‘manifestarsi’ di Gesù nel suo essere Signore e Salvatore e dell’intimità di quel ‘dimorare’ della Trinità nel cuore perché ogni tipo di prova che si subisce nella vita del mondo non ci svii né dall’amore di Dio né dall’amore dei fratelli, mai. Avviene quello che Gesù aveva appena detto loro: “ Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete” (Gv 14,19). Questa è la distinzione tra il discepolo e il mondano: il discepolo vede con gli occhi del cuore, percepisce quello che l’altro non vede né può vedere. È lo sguardo aperto della fede. A questa fede, alla potenza di questo sguardo, nemmeno gli apostoli erano pronti. Si immaginavano una specie di rivelazione costringente tanto che tutti avrebbero dovuto riconoscere la potenza di Dio, come atterrati. Noi ora sappiamo bene che non è così e lo sappiamo per l’azione dello Spirito Santo che ci toglie dalle nostre fissazioni per spingerci nel movimento di amore capace di conquistare il cuore e di svelare la presenza del Signore nel mondo comunque il mondo ci tratti.
padre Elia Citterio