XXIX domenica del tempo ordinario
Gesù capisce che se dicesse un “si” consentirebbe ai farisei di accusarlo e inoltre si attirerebbe l’antipatia del popolo, se dicesse “no” sarebbero gli erodiani a trascinarlo in tribunale accusandolo di essere fomentatore di ribellione. Ma Gesù non fa calcoli: egli non ha intenzione di dire nè il si nè il no. Il Signore va al concreto. Che cosa tengono in tasca coloro che gli stanno davanti, gli uni e gli altri? Non si servono per i loro affari e per le loro necessità proprio delle monete di Cesare, e quindi dei suoi funzionari e delle opere che quegli costruisce e amministra? È proprio così: i suoi interlocutori, gli uni e gli altri, hanno in tasca le monete dell’imperatore, nonostante portino la sua effige con la scritta, blasfema per ogni buon ebreo. L’immagine d’un uomo era proibita per gli ebrei, ed essi la tenevano in tasca. La scritta che si poteva leggere sulle monete poi recava, oltre al nome, anche il titolo divino dell’imperatore: ulteriore vera e propria bestemmia.
A questo punto è facile per Gesù dire: “Date di ritorno a Cesare le sue cose”! Questa risposta potrebbe voler dire anche di pagargli i servizi di cui essi si servono, e quindi di pagare le tasse. Gesù non ha dubbi che Dio stesso può servirsi anche dell’autorità statale, benché pagana, come a suo tempo si era già servito di Ciro, re di Persia, quando lo aveva incaricato di far ritornare il popolo di Israele, deportato a Babilonia, a Gerusalemme aiutandoli persino a ricostruire il tempio. Gli erodiani quindi non possono disapprovarlo, tantomeno condannarlo.
Ma Gesù aggiunge a sorpresa: “Date di ritorno a Dio ciò che è suo”. C’è qualcosa che non appartiene a Dio e che non è stato donato da lui? A cosa pensava Gesù? “Date al Signore gloria e potenza” dice il salmo. “Che cosa renderò al Signore per quanto mi ha dato? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore, davanti a tutto il suo popolo” (Sal 116). Al Signore dobbiamo il nostro cuore, la nostra vita, tutto: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze.
Nessun Cesare può prendere il posto di Dio nel cuore dell’uomo che lo ama. I farisei da questa parola si ritrovano sorpassati nel loro stesso desiderio di essere religiosi. E noi continuiamo serenamente ad essere leali cittadini, e a collaborare con tutte le nostre forze al Regno di Dio, continuiamo a vivere e a proporre il vangelo agli uomini che incontriamo. Infatti cantiamo ancora nel salmo di oggi: “Dite tra i popoli: « Il Signore regna! »”. In tal modo rendiamo bella la nostra nazione e gioviamo a tutti i nostri connazionali.
Viviamo la nostra missione e la missione della Chiesa nel mondo nel doppio aspetto: amiamo il Signore con tutto il cuore collaborando per rendere sana e vivibile la società degli uomini in cui viviamo. Oggi pregheremo per i missionari, che portano ovunque a tutti i popoli la conoscenza del Padre che ama ognuno e dona a tutti la gioia e la forza di essere fratelli gli uni degli altri. E non solo pregheremo per questo, ma noi stessi vivremo orientati al Padre come figli che lavorano nella sua vigna.
don Vigilio Covi