XV domenica del tempo ordinario
“Obbedirai alla voce del Signore tuo Dio, osservando i suoi comandi…; e ti convertirai al Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima”! Mosè così parlò al popolo. Le parole con tutto il cuore e tutta l’anima sono rimaste vive ad indicare la misura dell’amore dei credenti verso il loro Dio: l’amore, se è vero, è sempre completo, impegna tutto di sé, altrimenti non è amore! A noi non è certamente possibile vivere un amore totale verso Dio: il nostro amore sarà sempre in qualche modo limitato da quell’egoismo che portiamo dentro anche senza accorgerci. Possiamo però coltivare il desiderio e la volontà della totalità dell’amore, o meglio coltiviamo la nostra unione a Gesù: in lui abita “ ogni pienezza”, anche la pienezza dell’amore al Padre! Ci teniamo uniti a Gesù, immagine del Dio invisibile, capo del corpo che è la Chiesa, il cui sangue versato è il segno dell’amore totale sia verso Dio che verso noi uomini!
Uniti a Gesù abbiamo il coraggio di intraprendere il cammino dell’obbedienza ai comandi di Dio, e con lui questi non ci peseranno, anzi, saranno per noi un vanto. I comandi di Dio esprimono sapienza, producono, se osservati, pace vera, comunione e armonia tra gli uomini e nel creato.
La risposta che Gesù dà al dottore della legge, che non sa come fare ad amare il prossimo, perché teme ce ne sia qualcun altro oltre alle persone già considerate degne di amore, ci fa vedere la bellezza e l’utilità dei comandi divini.
Consideriamo la parabola che Gesù ha raccontato per rispondere alla domanda dello scriba.
Egli parla di un uomo che scende da Gerusalemme a Gerico: è proprio il percorso contrario a quello su cui si sta movendo Gesù, che sale da Gerico verso Gerusalemme, dove offrirà la vita al Padre.
Colui che invece se ne allontana, sta anche rifiutando di donare la propria vita? È per questo che incappa nei briganti, in chi cioè rovina la vita dell’uomo con tutti i suoi progetti? Rimane privo di tutto, ferito, senza possibilità di salvarsi. La stessa strada la percorrono il sacerdote del tempio e il levita: sono persone qualificate, socialmente e religiosamente impegnate, ma non sono d’aiuto all’uomo sofferente. Gli uomini, anche quelli da cui ci si aspetterebbe solidarietà, non riescono a dare sostegno; sono tutti infatti sulla strada che si allontana dall’offerta di sé, sulla strada di chi cerca di salvare se stesso.
Se, quando soffri, fai affidamento sull’uomo, avrai delusioni. Chi potrà aiutarti se ti troverai ferito e impotente? Ti aiuterà colui che sale a Gerusalemme: colui che vuole vivere per il Padre, anche a costo di morire! Costui è Gesù! Colui che sale verso Gerusalemme non pensa a se stesso, è capace di fermarsi, di chinarsi, di accorgersi della necessità, di spendere del proprio, di donarti il suo tempo e le sue energie. Gesù lo chiama samaritano: è uno cioè che non gode la stima di nessuno, è giudicato e rifiutato da tutti, ritenuto persino senza fede. A lui era stata rivolta proprio questa parola come titolo offensivo.
Gesù descrive la compassione del samaritano, cioè la sua compassione di Figlio di Dio, con dodici azioni. L’amore verso il prossimo di colui che è pronto a donare la vita a Dio è un amore pieno, completo, un amore vero. Gesù ama il Padre con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutte le forze: per questo è capace di “vedere” l’uomo percosso dal diavolo e di prendersene cura. Egli coinvolge pure altri nella sua opera di salvezza, fornendo loro gli strumenti necessari. Affida il sofferente all’albergatore dando a questi due denari, cioè sia il necessario per continuare le cure, sia la ricompensa! Qualcuno direbbe che i due denari sono… l’amore di Dio e l’amore del prossimo! È questo ciò che permette ai collaboratori di Gesù di essere utili all’uomo ferito dal Nemico!
Va’ e anche tu fa’ lo stesso, conclude Gesù. Ora quindi tocca a me, tocca a me accorgermi se qualcuno è caduto sotto i colpi e gli inganni del Nemico, avvicinarmi, chinarmi su di lui e condurlo alla locanda, da qualcuno che continui ad amarlo meglio di me, in modo qualificato. Aiuterò i miei fratelli nella tentazione, li porterò da chi sa amarli in modo adeguato, senza presumere di essere io capace di salvare. Darò tutto il mio amore a Dio, il tempo necessario al fratello, che orienterò alla Chiesa, la locanda voluta e preparata da Gesù per tutti gli uomini!
Nella Chiesa c’è sempre lui, il Signore, che con il suo olio e il suo vino può alleviare il dolore e sanare ogni ferita. Staremo uniti a lui, saldi nella Chiesa, per godere e ricevere la luce dei suoi occhi e la tenerezza delle sue mani, in modo da usare per lui i nostri occhi e le nostre mani!
don Vigilio Covi