XXX domenica del tempo ordinario
Il brano evangelico di oggi sia per il racconto che per la collocazione nella trama della narrazione evangelica è molto singolare. Possiamo notare alcuni dettagli. I Padri si sono chiesti come mai Marco nomini il cieco con il suo nome proprio, Bartimeo, il figlio di Timeo. Oltre Giairo e gli apostoli, i personaggi evocati non vengono chiamati nel vangelo con nomi propri. Forse si trattava di un personaggio conosciuto, forse un benestante decaduto al punto che il figlio, cieco, fosse costretto a sedere sul bordo della strada a chiedere l’elemosina. Il modo di rivolgersi di Gesù a Bartimeo ricalca la stessa maniera con cui si era rivolto ai figli di Zebedeo, però con un esito diverso: diniego a chi chiedeva gloria, compassione a chi chiede guarigione. I verbi usati nel racconto hanno accenti assolutamente speciali. Tutti i verbi del brano sono intensivi: Bartimeo grida, non semplicemente chiama; ripetutamente grida (tra l’altro, il grido del cieco è diventato il paradigma dell’invocazione della preghiera di Gesù, della preghiera del cuore!); getta via il mantello, non semplicemente se lo toglie; balza in piedi, non semplicemente si alza; si rivolge a Gesù da dentro un’emozione che aveva già lavorato il suo cuore, sebbene non avesse ancora mai potuto vederlo in faccia e, appena lo vede, non può che mettersi a seguirlo. Tutto il racconto assume una valenza simbolica precisa, che la liturgia fa risaltare