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II domenica di Quaresima

La liturgia inizia con la rivelazione del desiderio più profondo dei cuori: “Di te dice il mio cuore: “Cercate il suo volto”; il tuo volto, Signore, io cerco”, cantato dal salmo 26 e ora reso nella nuova versione: “Il mio cuore ripete il tuo invito: Cercate il mio volto!”. È il versetto che orienta la comprensione dell’evento della trasfigurazione alla quale tutto il salmo 26, il salmo responsoriale, rimanda, perché, come dice Paolo nella sua lettera ai Filippesi: “La nostra cittadinanza è nei cieli”. È la cittadinanza alla quale rimanda la gloria della trasfigurazione, intravista dai discepoli, impauriti e rapiti nello stesso tempo, per la quale la chiesa con la colletta fa supplicare per diventarne partecipi:“purifica gli occhi del nostro spirito perché possiamo godere la visione della tua gloria”. Gloria che splende sul volto di colui sul quale è proclamato: “Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!”, come ripete il canto al vangelo. Viene delineato l’intero arco del percorso del discepolo di Gesù: ascoltarlo con desiderio, conoscerne il mistero e vederne la gloria. Tutto il cammino quaresimale è teso a questo obiettivo.

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I domenica di Quaresima

Il tema portante del periodo quaresimale nel ciclo C di quest’anno è la conversione, mentre nel ciclo A era il cammino catecumenale e nel ciclo B era l’alleanza ricostituita. La questione essenziale della liturgia di oggi potrebbe essere così espressa: essere figli di Dio comporta qualche titolo di pretesa? La drammaticità di tale questione risalta in tutta la sua intensità proprio nel brano delle tentazioni di Gesù. Il vangelo di Luca introduce questo evento con l’annotazione: “Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo” (Lc 4,1-2). Ai nostri occhi pare assurdo il collegamento tra la pienezza dello Spirito Santo e l’essere tentato. Come se lo zelo per il Signore che muove Gesù nel suo compito messianico potesse risultare equivoco.

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VIII domenica del tempo ordinario

 Il brano di oggi segue l’illustrazione del criterio di discernimento del bene che Gesù ha appena spiegato: quale grazia devono mostrare i discepoli nel loro agire? Il loro agire dove deve pescare? Cosa deve far splendere? Gesù racconta la parabola dei due ciechi che cadono nel fosso se non saranno guidati. E formula il principio: “Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro” (Lc 7,40). Poi aggiunge l’invito a non guardare al difetto, piccolo, del fratello senza aver prima considerato il difetto, grande, di noi stessi, se non si vuole essere ipocriti. Sul principio: “L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda” (Lc 7,45).

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VII domenica del tempo ordinario

Gesù continua a parlare ai suoi discepoli illustrando la potenza e l’estensione della dinamica che l’incontro con lui ha messo in moto. Fa vedere la qualità di vita per coloro che possono godere della beatitudine loro promessa perché ‘ascoltano’, non semplicemente odono, ma lasciano entrare in cuore le parole ascoltate aderendovi. S. Paolo, nella lettera ai Romani, ripresenta le parole di Gesù come il sigillo di autenticità dei discepoli (cfr. Rm 12,14-21).“Amate i vostri nemici … fate del bene a coloro che vi odiano …”. Le parole sono chiare, anche se in questo brano c’è un problema di traduzione. Così come lo leggiamo nel testo italiano qualcosa ci sfugge e qualcosa di essenziale. Rilevo alcuni particolari.

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VI domenica del tempo ordinario

Oggi la liturgia proclama le beatitudini secondo il testo di Luca che, a differenza delle nove proposte da Matteo, ne elenca quattro. Con questa annotazione specifica: Gesù si rivolge ai discepoli direttamente. Come a dire: ciò che vi sto annunciando vale in ragione del fatto che avete accolto in me l’Inviato di Dio, colui che dalla parte di Dio non solo vi richiama al mistero del Regno ma vi concede di gustarlo e di condividerlo. Nei termini delle beatitudini, la parola di Gesù si può intendere: chi cerca la sua felicità senza che la Mia gioia lambisca il suo cuore resterà nella fame e nel pianto; chi vuole a tutti i costi la sua felicità, solo calcolando come una eventuale aggiunta il dono della Mia gioia, finirà per trovarla traditrice e si troverà ingannato dai suoi fratelli e perderà la sua integrità. Perché la felicità di cui parla Gesù, quella alla quale anela profondamente, sebbene con mille contraddizioni, il nostro cuore, ha a che fare con la scoperta della prossimità di Dio che in Gesù rivela tutto il suo mistero di amore e accondiscendenza per noi e che sana i nostri cuori.

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IV domenica del tempo ordinario

Quando si proclama il vangelo nella liturgia siamo resi contemporanei alla vicenda di Gesù. La parola che ascoltiamo è per noi, è pronunciata ora, custodisce tutta la sua potenza di salvezza nell’attualità del tempo in cui viviamo, se l’accogliamo. È esattamente quello che ha voluto dire Gesù ai suoi concittadini a Nazaret: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21). Faccio memoria di due altri passi del vangelo per sottolineare la valenza di quell’ ‘oggi.’ Quando Gesù vuole incontrare Zaccheo dice: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua” E a incontro avvenuto conferma: “Oggi per questa casa è venuta la salvezza” (Lc 19,5.9). Sulla croce, davanti alla supplica del buon ladrone, Gesù gli promette: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). È il senso della proclamazione della parola di Dio che risuona nei nostri orecchi: oggi porta a te la salvezza!

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III domenica del tempo ordinario

Nazaret da parte di Gesù nella narrazione di Luca in sinossi con quella di Matteo cogliamo meglio il suo mistero. Luca colloca l’episodio all’inizio del ministero di Gesù, senza tener conto delle contraddizioni del racconto nel senso che fa riferimento a eventi narrati solo in seguito. Secondo Luca, l’episodio prefigura il rifiuto che incontrerà Gesù da parte delle autorità religiose del suo popolo e la predicazione della salvezza ai pagani. Fin dall’inizio è come se volesse anticipare quello che avverrà alla fine. Mentre in Matteo l’episodio fa da contrasto tra i familiari di Gesù e i suoi discepoli. Lo colloca a conclusione delle sette parabole del regno, introdotte a loro volta dall’accoglienza dei discepoli come i nuovi familiari di Gesù: “Perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,50). L’episodio di Nazaret sancisce la ‘nuova famiglia’ di Gesù, la comunità di vita con i suoi discepoli, definiti con la beatitudine di non trovare in lui motivo di scandalo (cfr. Mt 13,57).

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Battesimo del Signore

Con la festa del battesimo di Gesù si chiude il ciclo natalizio. L’Avvento si era aperto con l’invocazione del profeta: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19). I cieli si sono effettivamente squarciati lasciando ‘piovere il Giusto’, come oggi la scena del Battesimo di Gesù fa intravedere: “il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»” (Lc 3,21-22). I cieli che si aprono non preludono ad una visione del mondo celeste, ma alla discesa sulla terra dei beni divini, beni che dovevano caratterizzare il popolo di Dio dell’era messianica, dei quali il principale è proprio lo Spirito Santo, effuso su tutti, attraverso quel Figlio che lo possiede in pienezza.

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Natale del Signore

Se consideriamo lo sviluppo della liturgia natalizia nei vari formulari delle Messe, il mistero del Natale appare in tutto il suo splendore. Una tensione unica percorre la liturgia, sottolineata dalle collette: Dio si fa uomo perché l’uomo diventi dio. Ciò significa che la natura dell’uomo è strutturata sulla vita divina e la liturgia del natale del Signore appunta lo sguardo sul mistero da dentro tale prospettiva. Come canta s. Efrem: “Benedetto colui che si è fatto piccolo senza misura, per farci diventare grandi senza misura…. Beato chi ha fatto dimorare le tue gioie nel suo cuore e che ha smarrito in te le sue pene! … Benedetto colui che è venuto in ciò che è nostro e ci ha uniti a ciò che è suo!…Il nostro corpo è diventato il tuo vestito, il tuo Spirito è diventato il nostro abito. Benedetto colui che si è adornato e ci ha adornato”.

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Quarta domenica di Avvento

Siamo ormai prossimi alla festa del Natale e la liturgia oggi è tutto un invocare il compimento del ‘volere’ la nostra salvezza da parte di Dio. Non è l’uomo a muovere Dio, ma è il volere salvatore di Dio che investe l’uomo. Il salmo 79 riassume bene gli aneliti dei cuori: “Risveglia la tua potenza e vieni a salvarciGuarda dal cielo e vedi e visita questa vigna”. Quel ‘volere’ si rivela in un volto di cui godremo finalmente la vista. Quel Giusto, quel Salvatore, di cui si invoca la discesa contemporaneamente dall’alto e dalla terra, è colui che di sé dice entrando in questo mondo:“Ecco, io vengo per fare la tua volontà”(Eb 10,7). La sua non è una dichiarazione puntuale, che avviene cioè in un determinato momento sottintendendo che prima non pensava in questi termini, ma è una dichiarazione eterna, frutto del colloquio eterno tra il Padre e il Figlio nell’amore che li lega tra loro e al mondo. L’apparire finalmente di Gesù nella storia umana non riguarda semplicemente la cronaca storica, ma concerne la dimensione eterna della storia umana. Lui ne è il fulcro, ne è la radice ed insieme il frutto.

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